L'UOMO SENZA PAURA
N° 32
(PARTE
SECONDA)
Di Carlo Monni
Raramente
il mio ufficio è stato così affollato e di persone così particolari, per
giunta. Non dovrei essere sorpreso, comunque, per due motivi. Primo, io stesso
non sono una persona comune, sono cieco, è vero, ma ho degli incredibili
supersensi che mi permettono di fare cose che la comune gente vedente avrebbe
paura a fare e che mi hanno permesso di costruirmi una carriera parallela a
quella di avvocato, di creare il personaggio di Devil, l’Uomo senza Paura; il
secondo motivo per cui non sono sorpreso è semplice: li ho convocati io. Sono
davanti a me, quasi tutti in piedi, tre uomini ed una donna: il mio
investigatore di fiducia, Willie Lincoln, un ex poliziotto, cieco da anni a
causa dello scoppio di una granata, ma un cervello di prim’ordine; Luke Cage,
un ex detenuto di colore, potenziato da un esperimento di cui non conosco molti
dettagli, che l’ha reso superforte e seminvulnerabile, svolge la professione di
Eroe a Pagamento dalle parti di Times Square, ho avuto a che fare con lui sia
come Matt Murdock, che come Devil; Paladin, non conosco il suo vero nome, un
mercenario hi-tech, con un costume sgargiante, svolge lo stesso tipo di lavoro
di Luke, ma per clientela più ricca, di solito; e, infine, lei, una donna che
conosco molto bene, ma che, per certi versi, rimane sempre un enigma, Natasha
Romanov, la Vedova Nera.
-Forse vi chiederete perché vi ho convocato qui.- esordisco.
-Beh fratello…- è Cage a parlare –Non credo di sbagliare, dicendo che
c’entra il fatto che sei stato nominato difensore di due degli attentatori del
Radio City Music Hall.-
-Presunti attentatori.- preciso io –Infatti sono innocenti. Sono due
poveri disgraziati incastrati in un meccanismo più grande di loro, hanno
bisogno d’aiuto ed io intendo darglielo.-
-Come fa ad essere sicuro che siano innocenti?- chiede Paladin.
Sento quasi sorridere
Natasha, le conosce il mio segreto e sa bene che il motivo per cui sono sicuro
dell’innocenza dei miei assistiti è che li ho interrogati e, grazie al mio
superudito, ho scoperto che dicevano la verità, il loro cuore non ha variato il
battito quando si proclamavano innocenti e a me basta, ma non posso dirlo a
Paladin, non senza tradire la mia identità segreta, cosa che non intendo ancora
fare.
-Lo chiami intuito, se vuole, ma dovrà bastarle; ma ora veniamo al
motivo per cui siamo qui. Le autorità federali hanno delle prove deboli, ma,
nel clima che si è creato, temo che qualunque giuria le accetterà, per questo
voglio scoprire chi è stato.-
-E dovremmo farlo noi?- esclama Paladin –E come pensa che possiamo
farcela noi, dove l’F.B.I. non è riuscito?-
-I federali non si sono sforzati troppo dopo aver trovato gli
indiziati.- rispondo –Quello che non hanno fatto loro toccherà a noi farlo.. Il
mio investigatore Willie Lincoln ha contatti nella Polizia e per le strade, ma
potrebbero non bastare, ed è qui che subentrate voi: siete tutti dei
professionisti nel vostro campo e so che svolgerete un lavoro all’altezza delle
aspettative.-
-Può darsi amico.- interviene Cage –Ma c’è una domanda che non abbiamo
ancora fatto ed è: chi paga per tutto questo?-
Una gran bella
domanda, dopotutto lo sanno che in questo caso sono difensore d’ufficio.
-Chi tira fuori i soli non conta.- ribatto –Avrete la vostra giusta
ricompensa, se è questo che vi preoccupa.-
-Non a me.- risponde Cage –So molto bene cosa significa essere
condannati per un reato che non si è commesso e farò la mia parte comunque,
vada, parlavo per Mister Quartieri Alti qui.- ed indica Paladin.
-Io?- ribatte lui –Sono qui per fare un favore ad un’amica, di
ricompense ne parleremo in seguito. Piuttosto, mi chiedevo… mi aspettavo di
vedere anche Devil qui.-
-Meno si fa vedere da queste parti e meglio è per me ed il mio studio.-
replico gelido –Il fatto che il suo nome sia stato associato col mio, ha
procurato molti guai a me ad ai miei amici ultimamente.-[1] È ironico che usi
l’articolo di Joy Mercado su Now e le sue conseguenze, per proteggere la mia
identità segreta, ma mi sta benissimo così. -Immagino, però che anche lui sarà
della partita.- concludo.
Sento lo sguardo della
Vedova Nera, ne immagino il sogghigno divertito. La partita è cominciata e
dovremo giocarla tutti adesso.
Tutti i media si sono
divertiti, diciamo così, con questo caso sin dall’inizio. Dopotutto è stata una
settimana piena di eventi: prima tutto il caos ed i morti provocati dalla furia
dello Scorpione in cui lo stesso Uomo Ragno ha rischiato di rimetterci la
buccia,[2]
poi l’attentato al Radio City Music Hall ed infine quella faccenda di Londra.[3]
Tutti sono in fibrillazione: ci sono associazioni che chiedono una giustizia
esemplare, hanno già condannato i tre imputati per conto loro e la verità è
solo un dettaglio di poco conto; ci sono le associazioni per i diritti civili,
che chiedono un processo equo, cosa più che ragionevole, ma, naturalmente c’è
chi ne approfitta per tacciarli di scarso patriottismo. Che c’entri il
patriottismo col Bill of Rights, non è facile capirlo. Di certo c’è che New
York, e con lei la Nazione, è scossa da un’ondata di indignazione e c’è chi ne
approfitta. Uno di quelli che apprezzo di meno è quel telepredicatore da
strapazzo: Jeremy Wintergood, con la sua retorica sudista da Bible Belt ed il
suo tuonare di fiamme dell’Inferno. Non c’è canale in cui non riesca a
comparire ultimamente ed è solo uno dei tanti tra coloro che infiammano le
folle.
-Ti sta venendo bene il pezzo Ben?-
A parlare è stata
Candace Nelson, giovane collega giornalista a cui accade anche di essere la
sorella minore di Franklin Nelson, detto Foggy, il Procuratore degli Stati
Uniti, il cui ufficio sta perseguendo i tre arrestati. Candace è fresca, o
quasi, di laurea e sta realizzando il suo sogno di fare la giornalista
investigativa, cosa che non ha mai mancato di procurarle guai, come, tanto per
dirne una, un braccio rotto, un regalino procuratole da un certo Bullet,
sicario occasionale del Gufo, il Signore del Crimine di New York, come ama
farsi chiamare. Candace ha tolto il gesso solo da poco e sembra fresca come una
rosa.
-Lo spero.- le rispondo –Vorrei cercare di essere il più possibile
obiettivo in questa vicenda.-
-Questo ti fa onore Ben!-
Al suono di quella
voce, sia io che Candace ci voltiamo, per vedere la figura vestita di rosso di
Devil accucciata nel vano della finestra.
-Dovevo aspettarmelo.- esclamo –Una delle tue solite entrate ad
effetto. Su, entra e dimmi quello che vuoi alla svelta, se Jameson capita da
queste parti potrebbe venirgli un colpo, i supertizi lo mandano in
fibrillazione in questi giorni.-
-Lo immagino.- risponde Devil e poi saluta Candace –Buonasera Miss
Nelson, noto che anche lei lavora sino a tardi e che il suo braccio è
perfettamente guarito.-
-Faccio del mio meglio.- risponde, asciutta, la ragazza e tu, Devil,
cosa cerchi qui?-
-Il solito:
informazioni e spero che lei ed il qui presente Mr. Urich sappiate quel che mi
serve.-
-Non è detto, Cornetto.- replico –Di solito io le informazioni le
cerco, non le dò.-
-La vita di persone innocenti dipende da queste informazioni, Ben ed io
ne ho bisogno.-
Decido di piantarla
col tira e molla, tanto sia lui che Candace sanno benissimo che gli dirò
volentieri quello che so, sperando che lui sia davvero capace di fare
giustizia.
-Che vuoi sapere?- gli chiedo.
-I tre che hanno arrestato, come hanno avuto i loro nomi?-
-Credevo lo sapessi. La più classica delle fonti: una telefonata
anonima.-
-Nessuna idea di chi….-
-No, se quelli dell’F.B.I. hanno sospetti, tacciono, almeno con me.-
-Capisco, immagino che dovrò seguire i soliti canali. Ti ringrazio lo
stesso Ben.-
Fa per muoversi verso
la finestra, quando Candace lo richiama:
-Aspetta Devil… noi ci conosciamo da tanto, sei amico di Foggy… è vero quello che dice
Joy Mercado… che tu sei… potresti essere il fratello di Matt, che ha finto la
propria morte?-
Povero Matt, è
perseguitato da quella grande bugia. Che direbbe Candace, se sapesse che Mike
Murdock non è mai esistito e che non ci sono mai stati due Devil, ma solo uno?
Lo vedo sorridere.
-Chi io sia veramente è solo affar mio Miss Nelson… Candace e lei
dovrebbe saperla lunga sull’affidabilità dei giornalisti. Arrivederci.-
E così dicendo, si
butta all’indietro e lo vediamo cadere giù, finché non afferra l’asta della
bandiera alcuni piani più sotto, fa un doppio salto mortale e lancia il suo
cavo scomparendo nel tramonto.
2.
Una mano che gira la manopola di un TV
Color ultrapiatto ad alta definizione, il meglio che i quattrini possano
comprare. Richard Fisk ascolta distrattamente le parole di un anchorman che
parla dell’attentato e del processo che sta per cominciare. Le solite sciocchezze
sulla sicurezza e sugli eventi catastrofici avvenuti negli ultimi tempi in
città, conosce bene tutta la solfa ormai. Quanto alla gente coinvolta. Beh, gli
dispiace per loro. In ogni fase della sua travagliata vita ha sempre preferito
ricorrere alla violenza il minimo indispensabile e mai in scala così ampia.
Detesta il coinvolgimento degli innocenti e sente ancora il peso della colpa
per il sangue che ha sparso, ma ha imparato a conviverci. Ascolta le ultime
notizie, poi spegne il televisore ed esce.
All’uscita dal suo
palazzo, il portiere lo saluta ossequiosamente.
-Spero che abbia una buona serata, Mr. Fisk.-
-Grazie Harry, questa è per te.- risponde Richard.
Gli passa un biglietto
da 20 dollari con noncuranza, poi si ferma sul marciapiede. Avrebbe quasi la
tentazione di fare un ampio respiro, ma rinuncia. Sorride, l’aria di Manhattan
non è corroborante come quella delle Alpi Svizzere. Prenderà l’auto, dopotutto
l’attende una signora.
Non appena l’elicottero è alla giusta
altezza, salto. Sarebbe più semplice restare a bordo, ma mi piace la sensazione
che mi da il planare lungo le correnti ascensionali e lasciare che l’inerzia mi
porti fin sul tetto. Mi piace la notte, mi muovo prevalentemente di notte, come
l’uccello mio omonimo, il Gufo, ed è soprattutto di notte che mi azzardo a
spingermi sin qui. Una volta questo era il palazzo da cui Wilson Fisk, il
cosiddetto Kingpin dirigeva i suoi affari, ora è mio, come tutto ciò che gli
apparteneva ed ogni tanto lascio il mio rifugio sicuro nell’Isola del Gufo per
venire qui e godermi la mia vittoria
-Benvenuto Leland, ti stavo aspettando.-
Riconosco
la voce, è il mio vecchio nemico Devil. Come abbia fatto a superare tutti i
sistemi d’allarme ed entrare nell’ufficio non lo so, ma è proprio lui, seduto
all’ampia scrivania dirigenziale.
-Che cosa vuoi?- gli chiedo con voce irosa.
-Calmati Leland, ti fa male alla pressione
agitarti.- risponde lui –Sono venuto per una visita di cortesia, tanto per
ricordarti che, anche se pensi di essere il padrone della città, non sei così
saldo quanto credi. Ti converrebbe meditarci, sai? O potresti are la fine del
tuo predecessore..-
Quel
buffone vestito di rosso ha il potere di irritarmi. Gli salto addosso e tento
di afferrarlo alla gola, ma lui si è già chinato, evitando il mio slancio e
facendomi perdere l’equilibrio. Sembra quasi come se sapesse quello che volevo
fare prima ancora che cominciassi la mia mossa. Le mie due guardie del corpo
mettono mano alle pistole, ma non hanno il tempo di usarle, Devil le disarma,
usando quel suo infernale bastone.
-Detesto il rumore degli spari gente,
risolviamola in altro modo, volete?- dice con tono sarcastico.
Mentre
mi rimetto in piedi, vedo Devil avventasi su di loro, afferrarne uno per il
collo, sferrare un calcio alla mascella del secondo e poi far fare al primo una
piroetta che lo porta contro il miro.
-Mi deludi, Leland.- mi dice –Wilson Fisk non
sarebbe mai stato umorale come te, sapeva quando era il momento di usare la
forza, lui.-
Reprimo
la tentazione di saltargli addosso e gli chiedo:
-Hai finito?-
-Per ora si.- risponde –Ma puoi dire ai tuoi
amici, quelli con cui fai affari, che mi divertirò ad essere la loro spina nel
fianco per un bel pezzo e... grazie.-
Lo
guardo stupito
-Ma che…-
-Avevo giusto bisogno di un po’ di moto e, a
vederti, direi che ne avresti bisogno anche tu, addio.-
Spegne
la luce e quando si riaccende, è sparito, ma il confronto tra noi due è solo
rimandato, la prossima volta non me uscirà vivo, può contarci.
3.
Nell’Ufficio
del Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York,
il Procuratore in persona, Franklin E, Nelson Jr. sta esaminando gli
incartamenti del caso Radio City con il Capo della Sezione Antiterrorismo ed il
locale Capo dell’F.B.I.
-Signori…- sta dicendo –Solo nelle ultime 24
ore ho ricevuto telefonate dal Direttore dell’E.O.U.S.A.,[4] dal
Procuratore Generale in persona, dal Capo dello Staff della casa Bianca, dal
Consigliere per la Sicurezza Nazionale, praticamente da chiunque tranne il
Presidente ed il Vice Presidente e tutti con un solo scopo: vogliono essere
sicuri che i colpevoli dell’attentato al Radio City Music Hall siano
condannati…. Ehm… non mi piacciono le pressioni e non mi piacciono i casi
dubbi… e noi abbiamo un caso dubbio o sbaglio?-
Il
Capo della Sezione Antiterroirìsmo si schiarisce la voce.
-Abbiamo ottenuto l’incriminazione dal Grand
Jury…- risponde -… li porteremo a giudizio tutti e tre.-
-Mi corregga se sbaglio…- replica Foggy -…ma
credo che abbiamo solo prove indiziarie, no? Nessuna prova diretta che li
colleghi al Radio City solo labili indizi e la loro nazionalità, giusto? Non mi
piace per niente.-
-Che scelta abbiamo?-
-Nessuna. Se abbandoniamo il caso, possiamo
dire addio alle nostre poltrone e verrà qualcuno da Washington per fare il
lavoro al posto nostro; se andiamo avanti potremmo commettere un clamoroso
errore.-
-Se mi permette, Mr. Nelson, il nostro compito
è ottenere la condanna degli imputati, il resto non dovrebbe importarci.-
-Il nostro compito è ottenere giustizia o,
almeno, dovrebbe esserlo.- replica Foggy -Avete letto i giornali o sentito i
telegiornali? Sembra che li abbiano già processati e condannati per conto loro.
Guardate fuori dalle vostre finestre, vi troverete dimostranti pronti al
linciaggio e simpatizzanti dei diritti civili che protestano contro quella che
chiamano un’evidente ingiustizia. Stiamo
rischiando di trovarci dalla parte del torto qualunque cosa accada.-
-Ha paura, signor Procuratore?-
-Chiunque con un po’ di buon senso l’avrebbe,
qualcosa succederà, è evidente, è solo questione di tempo, vedrete.-
Prigione Federale di Brooklyn. Sono
venuto ad incontrare i miei clienti assieme alla mia assistente Bernadette
Rosenthal, un colloquio di routine. In realtà, non spero che sappiano darmi
indizi. Uno di loro non parla nemmeno inglese e l’altro ne sa appena quanto
basta per farsi capire Non hanno l’aria di fanatici terroristi. La prima volta
che li ho incontrati erano disorientati e spaventati e gente che è abituata a
metter bombe non si comporta così. Non avevo bisogno del mio lie detector
incorporato per capirlo, mi ha solo dato una conferma, mi chiedo cosa ne pensi
Miss Rosenthal, ma credo che prima della fine della giornata sarà d’accordo con
me.
I due sono seduti davanti a me:
Ahmed Al Rashid, saudita e Bahman Eshfandiari, iraniano. Parlano veloci, a volte
troppo persino per l’interprete, ma, alla fin fine, quello che dicono è sempre
la stessa cosa: non hanno fatto niente, sono venuti negli Stati Uniti, solo per
lavorare, non sanno niente di bombe. C’è qualche contraddizione in quel che
raccontano, ma sto convincendomi sempre più che l’unica loro vera colpa sia
l’essere nati nella nazione sbagliata e la nostra sta diventando troppo
paranoica, ultimamente.
All’uscita della prigione Bernie mi
chiede:
-Cosa pensa che
potremo fare Matt?-
-Combattere.-
rispondo. -È mai stata all’udienza per la scelta della giuria?-
-Qualche volta.-
-Avremo da
combattere per non trovare una giuria prevenuta, temo.-
-Lei crede davvero
che siano innocenti?- mi chiede la ragazza.
-E lei?- ribatto.
Bernie ci pensa un po’ prima di rispondere:
-Non saprei, è
difficile essere davvero sicuri… ma non mi sembrano assassini. Non sembrano i
classici terroristi, non c’è spavalderia in loro, io… non credo che l’abbiano
fatto.-
-Il che non
impedirà che siano condannati, se non saremo abbastanza bravi… o fortunati.-
replico.
Ma la fortuna, a volte, va aiutata.
4.
Il luogo è un locale a mezza strada
tra il Tribunale Federale in Pearl Street e quelli cittadini in Centre Street,
dove si ritrovano tutti gli avvocato e dove sto pranzando quando mi si avvicina
una persona che si siede davanti a me.
-Buongiorno Matt.-
mi dice.
-Buongiorno Edward,
a cosa devo la visita del Presidente dell’Associazione degli Avvocati di New
York?-
Sembra imbarazzato.
-Beh, Matt…, ecco..
ho ricevuto delle telefonate e … beh, quei tuoi clienti del processo del Radio
City… c’è chi non è soddisfatto del fatto che tu ne abbia assunto la difesa e
mi hanno chiesto di… uhm.. pregarti di abbandonare la difesa. Di certo,
quelli.. avranno il modo di procurarsi altri avvocati di fuori e...-
-Fingerò di non
averti sentito Edward ed ora scusami, ma devo finire di mangiare, ho un’udienza
alle due.-
Dovevo aspettarmi qualcosa di
simile, prima o poi, ma mi da fastidio lo stesso, come mi infastidisce la voce
di quel cosiddetto Reverendo in TV. Quell’agitatore di folle continua a parlare
e c’è chi lo ascolta, purtroppo.
In
un piccolo ufficio, un uomo osserva la TV.
<<…e l’avvocato Murdock non ha rilasciato
dichiarazioni, intanto, dinanzi al Tribunale Federale ci sono stati tafferugli
fra i membri di un’organizzazione di tutela dei diritti civili e...>>
L’uomo
abbassa il volume dell’audio e dice:
-Questo paese ha bisogno di giustizia e, se i
tribunali falliscono, ci penserà la vera Giustizia del Popolo, ci penserà il
Tribuno.-
FINE
SECONDA PARTE
NOTE
DELL’AUTORE
Fine di un episodio dove l’azione
latita quasi del tutto, ma non temete, ne avrete a sazietà nei prossimi
episodio, quando il processo entrerà nel vivo ed il mistero inizierà a
chiarirsi. Nel frattempo, vogliate gradire un pò di note sparse.
1) Nell’intervallo tra questo episodio ed il
precedente, Devil compare brevemente in Uomo Ragno #43 e Vendicatori #28 e 29
2) Avremo modo di vedere in azione la Vedova Nera,
Luke Cage e Paladin in Marvel Knights # 32, per poi ritrovarli di nuovo qui nel
prossimo episodio.
3) Chi è il Tribuno? I lettori Marvel di
vecchissima data forse ne sapranno di più, ma gli altri dovranno aspettare il
prossimo episodio
Nel prossimo episodio: qualcuno vuole una condanna esemplare degli
imputati, qualcuno lo vuole semplicemente morti e Devil e Foggy Nelson sono
presi nel mezzo.
Carlo